<--->Per quante volte si legga il “Diario di Anna Frank”, ogni volta è rivelazione: parale che dopo molte letture conservano ancora una profondità da esplorare, da penetrare, da raggiungere. E vi senti il tuo limite, l’insufficienza di ogni tuo tentativo di comprendere, che pure è ansia, di scoprire e di partecipare alle più alte conquiste dello spirito umano. L’approccio al linguaggio di Anna, linguaggio di Amore universale, per il lettore adulto o ragazzo avviene a tappe, fa ricorsa alle. molteplici forme dell’intelletto e del sentimento e può trovare nella persona infinite chiavi di lettura. E allora può anche succedere che quel linguaggio ti attraversi suscitando un’eco dentro di te, di emozioni, di pensieri, di memorie da trasmettere, di speranza da comunicare. Ed è ciò che si è voluto cercare e proporre con l’itinerario “educare alla pace” rivolto in particolare ai giovani ed al mondo della scuola: itinerario che muove dalla lettura del Diario, a cercare i significati profondi e le intime relazioni con l’animo del lettore, per concludersi con la trasposizione scenica del testo letterario, in cui parole ed immagini si rivestano di gesto, di suono, di voce, di umana vibrazione per aiutarci a salire all’universo di Anna. Alessandra Jesi Poligoni (I.B.B.Y. - U.N.E.L.G. International Boerd on Books for Young People) <--->La scelta del suono Il Diario di Anna Frank è un canto sospeso. Musica è il consapevole superamento di un quotidiano terribile fino a territori dove è ancora possibile incontrare gaiezza ed ironia, pulsioni d’amore e disubbidienza altrimenti inconcepibili. Rivendicare una propria voce, un canto felice, eppure partecipe della polifonia di una tragedia e di una denuncia. Scandire ritmi di un tempo relativo che danno ai giorni narrati alternative e vitali cadenze. Rivisitandone pagine e luoghi ho costruito dieci quadri sonori, ognuno dei quali rimanda necessariamente agli altri di un continuum da ricomporre ogni volta. La nostalgia di festa della fisarmonica, la speranza di pace degli archi, la solitudine del clarinetto, gli indugi pianistici, le pelli e i metalli appena sfiorati o percorsi in danzanti frantumi muovono verso l’identificazione di un suono, di un rapporto fra i tanti possibili con quella voce. Stefano Maria Ricatti <--->Nel suo libro “Si chiamava Anna Frank”, Miep Gies, una di quelle persone che aiutò la famiglia Frank durante il lungo soggiorno nell’alloggio segreto, racconta di come abbia ritrovato nel rifugio messo sottosopra dalla perquisizione della Gestapo, quel “... quaderno rilegato di cartone che porta il pomposo nome di Diario ...” come la stessa Anna lo definì. Quando il padre Otto Frank, unico superstite della famiglia, uscì dal campo di concentramento, si vide consegnare da Miep il “Diario” e sicuramente la lettura di quelle pagine gli fece ripercorrere quel lungo periodo fatto di paure, speranze, ansie, desideri. Da questa considerazione parte l’idea della messa in scena dove è proprio Otto Frank, che immaginiamo torni a rivedere quell’angusto alloggio, che inizia la lettura del Diario. Una lettura che attraverso la parola scritta riesce ad evocare l’immagine di Anna. Abbiamo cercato cioè di immaginarla attraverso le sue parole, ancor prima delle tante foto che la ritraggono, parole che realizzano un ritratto fatto di mille sfaccettature; dalla ragazzina spensierata e civettuola, all’adolescente turbolenta, alla riflessiva partecipe del suo tempo e del suo popolo, alla profonda maturità di una semplice e positiva filosofia. Questa grande ricchezza di aspetti racchiusi in un unico personaggio ci è sembrato non fosse contenibile solo nella parola recitata. Un conto è leggere il Diario, un conto è tradurlo per la scena con le necessarie riduzioni e la necessaria attenzione al fatto spettacolare. Così è nata l’idea di sdoppiare il personaggio. Due “Anna”, una affidata alla sensazione della parola recitata, una a quella del movimento liberamente danzato. Ci è sembrato così di poter comunicare maggiormente l’insieme di sensazioni che la lettura del Diario aveva suscitato in noi. Una guerra, un prigionia, un rifugio segreto, una giovane vita interrotta dalla brutalità dell’uomo, assimilabile a tutte le guerre, anche quelle che quotidianamente ci circondano, tutte le prigionie, tutti gli angusti ripari dove quotidianamente uomini tentano di salvarsi dalla ferocia di altri uomini. Roberto Innocente

. <---> Lo spettacolo <---> I genitori all`arrembaggio ci conducono a rivivere un`epoca gentile (il Medioevo) piena d`arte, poesia e dolci suoni, abitata da briganti e cavalieri erranti. E` l`epoca di magie e di vili inganni di streghe, maghi e tiranni, in cui s`intrecciano storie strane che parlano di uomini e di sentimenti umani. Ma lo scherzo, il gioco e l`allegria danno animo a tutti quanti, dai più onesti ai più furfanti. Epoca lontana, fatta di luci e ombre, uomini e donne potenti e pezzenti uniti come sempre da sogni, speranze e sentimenti. Forse il mondo da allora non è poi così tanto cambiato: anche oggi l`uomo si trova solo con il suo destino fatato a lottare, lavorare, predicare e amare... <---> La compagnia <---> La compagnia Genitori all`Arrembaggio nasce nel 1998 dalla voglia di alcuni genitori di fare del teatro e sull`idea che una volta tanto a scuola non devono essere solo i bambini a preparare delle rappresentazioni teatrali per i genitori, ma viceversa. Attulamente è formata da genitori delle scuole materne, elementari e medie di Rosà, che smessa la veste di genitore, assumono quella di attore per far divertire i figli, gli alunni e tutti quelli che amano il teatro. <---> I lavori precedenti <---> 2002: Una piuma dal Far-West 2001: WWW. Fiabe in TV 2000: Non tutti i nasi crescono per nuocere 1999: L`isola che non c`è 1998: Gente di cuore <---> I Genitori all`Arrembaggio ringraziano: l`Amministrazione Comunale di Rosà il Teatro Montegrappa per la gentile ospitalità per le scenografie Gabriele Alessandra e Walter Piotto per le musiche Claudio Rigon e Giovanni Bordignon .